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Il valore affettivo di Nicoletta Verna mi ha lasciato senza fiato. La storia di Bianca è un urlo silenzioso di dolore e di colpa, un viaggio dentro l'abisso della perdita e della disperazione. La scrittura di Verna è come una lama affilata che penetra nel profondo dell'anima, facendoti sentire la profondità della sofferenza di Bianca. Ho sentito il mio cuore sanguinare mentre leggevo delle sue ossessioni, delle sue manie, della sua ricerca disperata di redenzione. La sua storia è un grido di aiuto, un appello a non essere giudicati, a essere compresi. Questo libro mi ha fatto riflettere sulla fragilità della vita, sulla potenza del dolore e sulla capacità di resilienza dell'anima umana. È un romanzo che ti cambia, che ti fa vedere le cose da una prospettiva diversa. Se sei pronto a immergerti in una storia che ti toccherà nel profondo, allora "Il valore affettivo" è il libro per te.
Scrittura asciutta, severa, perfetta per trattenere il lettore sino alla comprensione,completa solo nel finale, della storia. Trasmette disagio e inquietudine, sprofondando in recessi cupi dell’anima
-Tu non vai a vedere i fantasmi, signò?- mi chiede il giostraio. - Ne vedo anche troppi. Grazie. Colpa e Trauma. Questo è il titolo ( per dirla alla Paterlini di Testo a Fronte) che racconta il Valore affettivo di Nicoletta Verna. Tuttavia, già nella quarta, per chi vuole, ci sono tutte indicazioni e chiavi di lettura non ingannevoli: esistenza sbriciolata, purezza, promessa, macchia, colpa, romanzo familiare, redenzione. Nel libro c'è una storia "del fuori", che ha come protagonista una ragazza bella (ma attenzione! Ha un dente scheggiato che è l'imperfezione che rompe l'equilibrio...), di successo, con un marito perfetto, e c'è, inframmezzata continuamente a questa, una storia "del dentro", sgradevole, disgustosa, che serve a punire la colpa, ma che cerca spasmodicamente la redenzione. Una battuta splendida e illuminante la pronuncia Bianca che, in una festa in maschera, vestita completamente di nero con il vestito della sorella morta, rispondendo alla domanda su come è vestita, dice: "Da ossimoro. Sono Bianca". Bianca è un ossimoro, è calma furente, equilibrio traballante, speranza apatica. Rituali ossessivi e autolesionistici scandiscono le sue giornata e la nostra lettura: ci sarà una redenzione? Sarà la salvezza immaginata? Leggendo questo libro ho provato pietà, perché per espiare la colpa ognuno trova un modo per punirsi e sopravvivere, un dolore che anestetizzi un più forte dolore. "Sento un treno passarmi addosso, fracassarmi le ossa, ma lasciarmi viva, come sempre. Sopravvivere alla tragedia è la peggiore tragedia della mia vita".
Non riesce a coinvolgere. Banale
Tortuoso