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Veronica Raimo mi ha fatto ridere, tantissimo, ad ogni pagina, ma sa anche commuovere per sincerità e sorprendere per crudezza. La fascetta (di Zerocalcare!) questa volta non è esagerata, si ride ad alta voce, si desidera condividere con gli altri intere pagine, ci si ritrova in tantissime scene adolescenziali, inevitabilmente si ride per la comicità, e si sorride per il ricordo che affiora.
Allora, ok. Scorre e mi ha fatto ridere, sarei bugiarda a fare la spietatissima Sgarbi dei libri peraltro io che scrivo solo elenchi puntati, più o meno. Quindi, partiamo dall’inizio: Veronica Raimo strappa totalmente il copione del romanzo di formazione classicone dove i protagonisti fanno un viaggio in loro stessi e crescono e arrivano alla fine che ti hanno anche insegnato come si vive. Nel suo caso, la cruda realtà la mette di fronte (in ordine sparso) al fatto di essere femmina – con annessi e connessi che si attaccano al sostantivo, al senso di inferiorità, al pudore richiestole dalla famiglia cattolica, la delusione delle aspettative. Premesse fatte: la storia è divisa in quadri frammentati nel quale l’autrice infila commenti inaspettati che fanno davvero sorridere e a posteriori ritengo anche più normale che alcuni passaggi mi abbiano fatto acquisire interesse verso il servizio de La vita in diretta che il babbo guardava in sottofondo piuttosto che per ciò che stavo leggendo. Le tematiche che troviamo sono davvero diffuse, la discriminazione di genere è sparata in pillole sarcastiche che come nel miglior luogo comune fanno ridere ma anche riflettere senza mai minimizzare la problematica. Da sorella minore capisco pure il fatto di doversi “confrontare” con la presenza ingombrante di un fratello maggiore, peraltro troppo intelligente rispetto ai tre neuroni che mal comunicano nella mia scatola cranica. Ma non posso tollerare quello che ho visto scritto sulla IV di copertina che mi ha logorato i nervi tutto il pomeriggio, che diamine. “La scommessa rarissima di curare le ferite ridendo”. Dannazione! Dopo due anni di isolamento sociale, morti sui camion dell’esercito, il lavoro che va e viene un po’ a cazzo di cane, la minaccia di una guerra - a posteriori rispetto alla pubblicazione del libro, seriamente sarebbe raro curare le ferite ridendo? Non so, ho un grazie al cazzo molto grande se penso a questa frase. Se non esorcizzassimo i nostri mostri (se non lo avessimo fatto dalla notte dei tempi, presto detto che parliamo anche liberamente e serenamente dell’estinzione dell’umanità intera senza correre a pregare l’assemblea degli Dei di ogni religione chiedendo di essere salvati) saremmo una società tendente alla tragedia greca. E grazie al cazzo, quindi, che curiamo le ferite ridendo. Che lo abbiamo sempre fatto e che lo continueremo a fare. Questa cosa mi ha fatto adirare, che ci devo fare, due stelle perché ho un diavolo per capello.
una lunga e piacevole chiacchierata con un’amica. quella a cui capitano le cose più imbarazzanti ma che, per assurdo, ci sembrano più ‘fighe’ e ci fanno dire “beh, almeno a lei succede qualcosa!”. ritengo che saper raccontare di sé con ironia e leggerezza sia un’arte ed il modo in cui lo fa Veronica Raimo è davvero prodigioso. riesce a raccontare attimi della sua vita in maniera divertente ma a tratti anche assurda e commovente. Niente di vero è un romanzo sfacciato, senza peli sulla lingua… ma garbato. non è un memoir, è un’autobiografia dei ricordi anche di quelli semplici, facili da storpiare, da renderli talmente reali alle orecchie dell’interlocutore quasi da convincere anche la nostra mente che sia andata davvero così. ho iniziato ad ascoltare Niente di vero su Audible ed è riuscito a catturarmi talmente tanto che ho deciso di acquistarlo in versione cartacea. ah, vorrei anche ricordarvi che è entrato a far parte dei dodici candidati al Premio Strega. vi sembrerà strano ma è stato ‘faticoso’ scrivere questo pensiero. appena termino una lettura accade che: o riesco a scriverci intere riflessioni e pensieri oppure mi ritrovo in un limbo e non capisco da che parte iniziare. questo libro rientra nel secondo gruppo. mi è piaciuto moltissimo e credo che - in alcuni punti - lo abbia sentito talmente mio da trovarlo intimo e brillante e quindi mi è risultato difficile scrivere un pensiero di senso compiuto piuttosto che un banale ma veritiero: ca*** ma è geniale! avrei voluto scriverlo io!
Un bel romanzo scritto in prima persona, dove ci si ritrova in alcuni pensieri e azioni. Leggero e spiritoso, a tratti invece scopre un po' le anime. Bello
Me la immagino Verika, Oca, Vero che scrive il suo libro: sfuggente, tormentata, taroccata e poi si trova in dozzina al Premio Strega, così sviscerata sotto gli occhi di tutti, che dicono "capolavoro!" oppure "Bah! Proprio niente di che!". 𝑆𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑎𝑡𝑖 𝑎𝑙 𝑝𝑎𝑟𝑎𝑑𝑜𝑠𝑠𝑜. Un paradosso vero, come quello di chi dice di non saper fare niente di speciale e poi sceglie l'immortalità della scrittura. Forse non è un capolavoro questo suo "lessico familiare", che mi ha, involontariamente, in tanti particolari, ricordato altri libri che mi sono piaciuti di più: più che l'assillante mamma Francesca, mi è piaciuta l'assillante mamma di Daria Bignardi: più che la dissoluta Berlino di Raimo, mi è piaciuta quella di Desiati. Piccolo mi fa più ridere, Ciabatti mi disturba di più. Non è un capolavoro, ma se lo togli dalla lente deformante del Premio Strega, migliora. Comunque, mi fa piacere averlo letto: Veronica Raimo rientra nel mio percorso di conoscenza e amore delle scrittrici italiane di narrativa contemporanea: Parrella, Terranova, Ciabatti, Valerio, Murgia, Bignardi, Lattanzi, Varvello e ancora Giurickovic Dato, Trevisan, Bernardini, Gamberini, Verna, Frandino, Mezzalama Fingerle, Palmieri, Galletta... tutte voci chiare e dalla notevole personalità. E qualcosa di vero lo raccontano sempre. Nella mia cinquina del @fantastrega con la #fantalettrice @riverberodiparole Libr-ida-leggere 📚