Abel

Abbandonato a circa metà lettura. Ho trascorso tutto il tempo a cercare di convincermi che il sottotitolo di questo romanzo "Un Western metafisico" fosse sufficiente per giustificare la scelta di affidare riflessioni di carattere filosofico - nemmeno troppo originali - e uno stile affettato e mistico a un personaggio come Abel, un pistolero del profondo Ovest. La sensazione che mi è rimasta è quella di aver assistito a un esercizio di scrittura che vuole dimostrare quanto l'autore sia bravo a maneggiare il linguaggio e ad esprimere concetti di un certo tipo. Irritante. La storia è confusa e non è in grado - a mio parere - di coinvolgere il lettore. Sono arrivata a metà solo per la presenza, qua e là, di alcuni passaggi in cui le parole mi hanno suscitato emozioni, evocando qualche ricordo ancestrale. A 8 anni dall'uscita del suo ultimo romanzo, mi aspettavo qualcosa di più di un esercizio di stile.

Uno stile raffinato nella scrittura evocativa e sognante di Baricco. La storia di Abel tratteggiata in un paesaggio e in un tempo evanescente. Una storia d’amore, morte e vita che del west ha solo sfumate ma efficacissime atmosfere.

Pur premettendo di essere sempre stata un' accanita fan dell'autore, come spesso accade ai ritorni di fiamma temevo una delusione, dovuta all'inevitabile confronto con i suoi capolavori del passato che sono stati per me illuminanti e meravigliosi. E invece, ancora una volta, Alessandro Baricco è riuscito a sorprendermi, entusiasmarmi, trascinarmi in quel vortice di parole attraverso quel suo particolare stile accattivante: poetico, sognatore, e al tempo stesso così diretto ed ironico. Nel libro "Abel" l'autore racconta una storia che mette a confronto le antiche popolazioni native delle Americhe con la brutalità introdotta dall'uomo bianco, in particolare attraverso le armi da fuoco. Si evince una chiara critica alla totale mancanza di rispetto da parte dei conquistatori nei confronti del modo in cui i nativi concepivano il rapporto tra uomo e natura, la loro spiritualità, il senso più profondo della vita. Il protagonista vive costantemente un difficile stato d'animo, dovuto alla convivenza interiore di paura e aggressività, che lo portano ad essere un infallibile pistolero, ma anche un uomo frustrato che spesso sfoga nel rapporto con le donne la sua necessità di infierire, quasi di punire. Tutto questo finché non incontra Hallelujah, una donna che lo conduce alla sua rinascita e che lui stesso definisce "infinita". Il racconto lascia emergere tutti gli elementi di quella società evoluta già così malata, le sue debolezze, la sua folle ipocrisia. Ma ciò che più affascina e induce alla riflessione, amalgamando tutte le vicende di quest'ultimo libro, è il rinnovato approccio filosofico, quasi trascendentale, sulla concatenazione degli eventi, su ciò che viene prima e ciò che viene dopo. "Di tutta la vita che si è vissuta e si vivrà si incontra il racconto, in attimi speciali, sulla propria strada. E' sbagliato aspettarsi qualcosa di lineare, come istintivamente si sarebbe portati a fare. Piu' facilmente, il racconto di quello che sei stato e che sarai ti viene incontro come una pelle chiazzata di bagliori, pozzanghere lasciate indietro da un uragano in fuga. Vi si specchia il cielo."