Due vite

Curioso per me aver letto “Due vite” di Emanuele Trevi dopo aver letto “Tre” di Valérie Perrin. C’è un fil rouge che li unisce: l’amicizia di tre persone. In questo caso, Emanuele racconta aneddoti del fortissimo legame di amicizia che legava lui, Pia Pera e Rocco Carbone (tutti e tre scrittori), del loro rapporto, dei loro incontri e anche dei loro scontri, con un leggero velo di malinconia: i suoi amici non ci sono più. Ma questo libro è un omaggio a loro, a chi sono stati, alle scelte che hanno fatto, alla loro letteratura ed anche alla letteratura che più hanno amato, che li ha formati, che li ha sedotti… Ci sono riflessioni bellissime sull’amicizia nel libro, che riguardano non solo i momenti più belli ed intimi, ma anche quelli più silenziosi e foschi. Finalmente un libro dove l’amicizia non è vista in maniera mielosa e struggente , ma in maniera del tutto naturale e viscerale, come lo è la natura umana. Lo consiglio caldamente a chi ama la buona letteratura.

Un libro diverso dagli altri, arrivato in un periodo molto particolare della mia vita. Un resoconto doloroso e malinconico di due scrittori, di due "artigiani della parola" fatto attraverso gli occhi di un uomo che ha voluto molto bene a queste due persone, a Rocco e a Pia. Non è un libro di facile lettura, perché la memorialistica e le biografie devono piacere dal principio. Ma se volete qualcosa di diverso dal solito questo è il libro che fa per voi. A me è piaciuto molto, forse perché è arrivato nel momento giusto. Lo stile di Emanuele Trevi è scorrevole e ricercato, non risulta affatto pesante. Leggerò sicuramente qualcos'altro di suo.

È un ode all'amicizia e alle loro opere ma purtroppo lo stile di scrittura è quello a cui io mi avvicino di meno. Troppo monotono e che non mi permette di entrare nel libro. Lo dico spesso ma per me è fondamentale venire risucchiata dalla storia perché poi se così non accade per giorni perdo interesse nel libro e mi dispiace, riducendomi solo a portarlo avanti per inerzia e finirlo. E per 120 pagine scarse è persino un peccato. Però ammetto di aver provato curiosità verso le opere di Rocco e Pia. Magari una sbirciatina gliela darò

Due sono i motivi per cui ho voluto leggere questo libro. Perché parla di Pia Pera e l'altro sono le parole di Cristina Campo che precedono l'inizio del libro (quanto ad essere felici, questo è terribilmente difficile ed estenuante. Come portare in bilico sulla testa una preziosa pagoda, tutta di vetro soffiato adorna di campanelli e di fragili fiamme accese; e continuare a compiere ora per ora i mille oscuri e pesanti movimenti della giornata senza che un lumicino si spenga, che un campanello dia una nota turbata). Pia Pera ha scritto "Al giardino ancora non l'ho detto" libro che più volte sono stata ad un passo dal leggere. Ma deve ancora arrivare il momento giusto. Quindi ero molto motivata prima di iniziare la lettura e forse per questo la delusione è stata più forte. L'amicizia che legava Rocco Carbone, Pia Pera all'autore è stata intensa e profonda come si evince dalle parole ma queste parole mancano di quel calore, di quel affetto che una simile amicizia sicuramente ha suscitato.Forse il pudore ha "trattenuto" l'autore?.In definitiva un bel libro con spunti di riflessione (ad es. quello sulla fotografia) scritto bene, ma...

Letto con voracità...il tema, ovvero quello dell'amicizia è toccante, ma la scrittura a volte è "grovigliosa" e troppo introspettiva e le sensazioni che si vorrebbero trasmettere non emergono... purtroppo...